La Valutazione d’Impatto Ambientale è nata negli Stati Uniti nel 1969 con il National Environment Policy Act (NEPA) anticipando di quasi 10 anni il principio fondatore del concetto di Sviluppo Sostenibile definito come “uno sviluppo che soddisfi le nostre esigenze d’oggi senza privare le generazioni future della possibilità di soddisfare le proprie”, enunciato dalla World Commission on Environment and Development, Our Common Future, nel 1987. In Europa tale procedura è stata introdotta dalla
Direttiva Comunitaria 85/337/CEE (Direttiva del Consiglio del 27 giugno 1985, Valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati) quale strumento fondamentale di politica ambientale.La direttiva europea VIA insieme all’Atto Unico Europeo del 1986 e al trattato di Maastricht del 1992, costituiscono i pilastri dei principi della politica ambientale europea. Successivamente con il
Quinto Programma Quadro d’azione per l’ambiente, periodo 1992-2000, si sottolineava la necessità di un approccio integrato alla protezione e alla gestione dell’ambiente e con il
Sesto Programma Quadro d’azione per l’ambiente (Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta) si ribadiva la necessità di superare il mero approccio legislativo ed assumere un approccio strategico sul tema.La procedura di VIA viene strutturata sul principio dell’azione preventiva, in base al quale la migliore politica ambientale consiste nel prevenire gli effetti negativi legati alla realizzazione dei progetti anziché combatterne successivamente gli effetti. La struttura della procedura viene concepita per dare informazioni sulle conseguenze ambientali di un’azione, prima che la decisione venga adottata, per cui si definisce nella sua evoluzione come uno strumento che cerca di introdurre a monte della progettazione un nuovo approccio che possa influenzare il processo decisionale negli ambienti imprenditoriali e politici, nonché come una procedura che possa guidare il processo stesso in maniera partecipata con la popolazione dei territori interessati. Il processo di VIA assume così un ruolo strategico nel superamento del concetto di comando e controllo, e si pone su una linea di approccio globale, di sinergia tra diverse strategie applicabili ai vari settori di intervento.La VIA nasce quindi come strumento per individuare, descrivere e valutare gli effetti diretti ed indiretti di un progetto sulla salute umana e su alcune componenti ambientali quali la fauna, la flora, il suolo, le acque, l’aria, il clima, il paesaggio e il patrimonio culturale e sull’interazione fra questi fattori e componenti. Obiettivo del processo di VIA è proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale per la vita.
La Direttiva 85/337/CEE ha introdotto i principi fondamentali della valutazione ambientale e prevedeva che il committente fornisse le seguenti basilari informazioni relative al progetto interessato:
La VIA è stata recepita in Italia con la Legge n. 349 dell’8 luglio 1986 e s.m.i., legge che Istituisce il Ministero dell’Ambiente e le norme in materia di danno ambientale. Il testo prevedeva la competenza statale, presso il Ministero dell’Ambiente, della gestione della procedura di VIA e della pronuncia di compatibilità ambientale, inoltre disciplinava sinteticamente la procedura stessa. IlD.P.C.M. n. 377 del 10 agosto 1988 e s.m.i. regolamentava le pronunce di compatibilità ambientale di cui alla Legge 349. IlD.P.C.M. 27 dicembre 1988 e s.m.i contiene le Norme Tecniche per la redazione degli Studi di Impatto Ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità. Le Norme Tecniche del 1988, ancora oggi vigenti, definiscono, per tutte le categorie di opere, i contenuti degli Studi di Impatto Ambientale e la loro articolazione, la documentazione relativa, l’attività istruttoria ed i criteri di formulazione del giudizio di compatibilità.
Nel 1994 venne emanata la Legge quadro in materia di Lavori Pubblici ( L. 11/02/94, n. 109 e s.m.i.) che definiva tre livelli di progettazione caratterizzati da diverso approfondimento tecnico: Progetto preliminare; Progetto definivo; Progetto esecutivo. Relativamente agli aspetti ambientali venne stabilito che fosse assoggettato alla procedura di VIA il progetto definitivo.
Nel settembre 1996 veniva emanata la Direttiva 96/61/CE, che modificava la Direttiva 85/337/CEE introducendo il concetto di prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento proveniente da attività industriali (IPPC), e introduceva l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale). La direttiva tendeva alla promozione delle produzioni pulite, valorizzando il concetto di “migliori tecniche disponibili”.
Successivamente veniva emanata la Direttiva 97/11/CE (Direttiva del Consiglio concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, Modifiche ed integrazioni alla Direttiva 85/337/CEE) che veniva presentata come revisione critica dopo gli anni di esperienza di applicazione delle procedure di VIA in Europa. La direttiva ha ampliato il numero dei tipi di progetti da sottoporre a VIA (allegato I) e ha introdotto le fasi di “screening” e “scoping”.
Il quadro normativo in Italia, relativo alle procedure di VIA, è stato ampliato a seguito dell’emanazione della cd. “Legge Obiettivo” (L.443/2001) ed il relativo decreto di attuazione (D.Lgs n. 190/2002). Il D.Lgs. individua una procedura di VIA speciale, con una apposita Commissione dedicata, che regola la progettazione, l’approvazione dei progetti e la realizzazione delle infrastrutture strategiche, descritte nell’elenco della delibera CIPE del 21 dicembre 2001. Nell’ambito della VIA speciale, venne stabilito che si dovesse assoggettare alla procedura il progetto preliminare dell’opera.
Con la delibera CIPE n. 57/2002 venivano date disposizioni sulla Strategia nazionale ambientale per lo sviluppo sostenibile 2000-2010. La protezione e la valorizzazione dell’ambiente divenivano fattori trasversali di tutte le politiche settoriali e delle relative programmazioni. Si affermava la necessità di rendere più sistematica, efficiente ed efficace l’applicazione della VIA (ad esempio tramite l’istituzione di Osservatori ambientali, finalizzati alla verifica dell’ottemperanza alle pronunce di compatibilità ambientale, nonché il monitoraggio dei problemi ambientali in fase della realizzazione delle opere) e che la VIA sulle singole opere non fosse più sufficiente a garantire la sostenibilità complessiva. Quindi si affermava come la VIA dovesse essere integrata a monte con Piani e Programmi che nella loro formulazione avessero già assunto i criteri di sostenibilità ambientale, tramite la Valutazione Ambientale Strategica. La VAS, prevista dalla direttiva 2001/42/CE, introduceva infatti un approccio integrato ed intersettoriale, con la partecipazione del pubblico, per garantire l’inserimento di obiettivi di qualità ambientale negli strumenti di programmazione e di pianificazione territoriale.
Un resoconto dell’andamento dell’applicazione della VIA in Europa è stato pubblicato nel 2003: la Relazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio sull’applicazione, sull’efficacia e sul funzionamento della direttiva 85/337/CEE, modificata dalla direttiva 97/11/CE (Risultati ottenuti dagli Stati membri nell’attuazione della direttiva VIA). La relazione esaminava il contesto politico europeo ed evidenziava come nessuno Stato membro avesse ancora provveduto ad attuare completamente le misure introdotte dalle Direttive 85 e 97. I maggiori problemi riscontrati riguardavano il livello di soglie di ammissione alla VIA, il controllo di qualità del procedimento di VIA, il frazionamento dei progetti e quindi la valutazione del cumulo degli effetti sull’ambiente. Molti stati non presentavano formule di registrazione e monitoraggio sul numero di progetti VIA e sull’esito delle decisioni. Dalla Relazione risultava evidente la necessità di migliorare l’applicazione della direttiva sotto vari aspetti quali: la formazione per il personale delle amministrazioni locali; il rafforzamento delle procedure nazionali per prevenire o mitigare i danni ambientali; la valutazione del rischio e quali dati rilevare nei sistemi di monitoraggio; la sensibilizzazione sui nessi tra salute umana e ambiente; la sovrapposizione di procedure in materia di autorizzazione ambientale; la facilitazione della partecipazione del pubblico.
Il 26 maggio 2003 al Parlamento Europeo veniva approvata la Direttiva 2003/35/CE che rafforzava la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale, migliorava le indicazioni delle Direttive 85/337/CEE e 96/61/CE relative alla disposizioni sull’accesso alla giustizia e contribuiva all’attuazione degli obblighi derivanti dalla convenzione di Århus del 25 giugno 1998.
In seguito alla delega conferita al Governo dalla Legge n. 308 del 2004 per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale, viene emanato il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che intraprendeva la riorganizzazione della legislazione italiana in materia ambientale e cercava di superare tutte le dissonanze con le direttive europee pertinenti. Il testo è così suddiviso:
- Parte I – Disposizioni comuni e principi generali
- Parte II – procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d’impatto ambientale (VIA) e per l’autorizzazione ambientale integrata (IPPC);
- Parte III – difesa del suolo, lotta alla desertificazione, tutela delle acque dall’inquinamento e gestione delle risorse idriche;
- Parte IV – gestione dei rifiuti e bonifiche;
- Parte V- tutela dell’aria e riduzione delle emissioni in atmosfera;
- Parte VI – danno ambientale.
Un aggiornamento sull’andamento dell’applicazione della VIA in Europa è stato pubblicato nel 2009: la Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni sull’applicazione e l’efficacia della direttiva VIA (dir. 85/337/CEE, modificata dalle direttive 97/11/CE e 2003/35/CE). I punti di forza della VIA in Europa individuati nella Relazione riguardano: l’istituzione di sistemi completi per la VIA in tutti gli Stati Membri; la maggiore partecipazione del pubblico; la maggiore trasparenza procedurale; il miglioramento generale della qualità ambientale dei progetti sottoposti a VIA. I settori che necessitano di miglioramento riguardano: le differenze negli stati all’interno delle procedure di verifica di assoggettabilità; la scarsa qualità delle informazioni utilizzate dai proponenti; la qualità della procedura (alternative, tempi, validità della VIA, monitoraggio); la mancanza di pratiche armonizzate per la partecipazione del pubblico; le difficoltà nelle procedure transfrontaliere; l’esigenza di un migliore coordinamento tra VIA e altre direttive (VAS, IPPC, Habitat e Uccelli, Cambiamenti climatici) e politiche comunitarie. Ad esempio oggi il tema dei Cambiamenti climatici, così importante nella politica dell’UE, non viene evidenziato nel giusto modo all’interno della valutazione. Quello che la Relazione sottolinea con forza è soprattutto la necessità di semplificazione e armonizzazione delle norme.
Il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 è stato modificato ed integrato molte volte e al momento sono in discussione ulteriori aggiornamenti tra cui la delega al recepimento della Nuova Direttiva VIA 2014/52/UE che modifica la Dir. 2011/92/UE, su cui ISPRA ha elaborato tre documenti di analisi:
1) “Analisi della nuova direttiva 2014/52/UE in materia di VIA”,
2) “Tabella comparativa tra direttiva 2011/92/UE e direttiva 2014/52/UE”,
3) “Elementi di criticità e indicazioni per il recepimento”
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